(Tratto e modificato da Albanesi.it)
La leishmaniosi canina è una patologia provocata dalla Leishmania, termine quest'ultimo che definisce un gruppo di Protozoi geneticamente molto simili tra di loro.
All'interno del genere Leishmania esistono diverse specie :
Leishmania brasiliensis, donovani, infantum, major, mexicana, tropica ecc.
Queste si differenziano soprattutto per la loro localizzazione geografica, per il tipo di soggetto da loro colpito (uomo, cane ecc.), per il tipo di patologia che possono provocare (leishmaniosi cutanea, leishmaniosi canina, leishmaniosi virale ecc.) e per la tipologia di invertebrato che utilizzano come ospite e che viene "sfruttato" per colpire l'uomo, il cane o altri animali (solitamente appartenente al genere degli Insetti).
La Leishmania è quindi, in parole povere, un microorganismo-protozoo che parassita l'uomo e gli animali causando la leishmaniosi.
Abbiamo visto che la Leishmania sfrutta gli insetti come "passaggio" per arrivare a infettare gli uomini e gli animali.
Il ciclo biologico della Leishmania può essere riassunto nel modo seguente: il protozoo (leishmania) soggiorna in un determinato insetto, vi si diffonde e poi, attraverso la puntura di tale insetto, colpisce gli uomini e gli animali.
In Europa l'insetto sfruttato dalla Leishmania è il pappataci (anche pappatacio o flebotomo, Phlebotomus spp.); in altre zone il vettore è una cimice ematofaga. Il pappataci è un insetto che si nutre di sangue e che può diffondere la Leishmania. A questo proposito è opportuno far presente che: soltanto l'insetto è in grado di trasmettere la Leishmania a un cane.
Per quanto alcuni ritengano il contrario, non può esservi un'infezione diretta da cane a cane o da cane a uomo; il cane infetto non può infettare gli altri (uomini o animali che siano); la Leishmania può essere presa soltanto dal pappataci e per prenderla si deve essere punti da un pappatacio che a sua volta era stato contagiato per aver succhiato del sangue di un soggetto infetto.
Ricapitolando: la leishmaniosi non è una patologia contagiosa; la malattia si trasmette da soggetti malati a soggetti sani soltanto dopo l'intervento di un vettore (cioè colui che porta), in questo caso il flebotomo.
E’ da tenere in considerazione che un cane ammalato di leishmaniosi è di fatto un pericoloso serbatoio di Leishmania per pappataci sani che potrebbero pungerlo. È quindi importante adottare tutte le precauzioni possibili per far sì che un cane affetto da leishmaniosi non sia punto da pappataci sani che infettandosi potranno iniziare un nuovo ciclo di trasmissione della patologia.
Leishmaniosi canina: il pappataci
Pappataci
Pappataci è il nome con il quale vengono comunemente indicati dei piccoli insetti molto simili alle zanzare; tali insetti fanno parte delle Phlebotominae, una sottofamiglia suddivisa in diversi generi che comprende centinaia di specie diverse tra loro (sono circa 700); di queste 700 specie, una trentina sono in grado di veicolare la Leishmania; nel nostro Paese i vettori del protozoo sono 7; tutti e 7 appartengono al genere Phlebotomus.
I pappataci presenti nel nostro Paese iniziano il loro ciclo vitale nelle uova deposte in luoghi riparati dalla luce, caldi, umidi e privi di correnti d'aria (rifiuti, materiali organici, strati di foglie morte, fogne, fessure del terreno ecc.). Dall'uovo esce una larva che attraversa diversi stadi di maturazione per poi arrivare allo stato di insetto adulto. Il pappataci adulto femmina si nutre di sangue; agisce generalmente a notte fonda o poco prima che sorga il sole. È piccolissimo, vive generalmente al di sotto dei 400 m s.l.m. Non è in grado di sopravvivere ad altitudini che oltrepassino gli 800 m.
Il pappataci non viene allontanato dai normali repellenti utilizzati per combattere le zanzare e, date le sue dimensioni ridottissime è in grado di oltrepassare le maglie delle comuni zanzariere.
La sua azione è disturbata dai ventilatori; i pappataci infatti odiano le correnti d'aria.
Il pappataci non veicola soltanto la Leishmania; funge da vettore anche di una patologia relativamente rara, una meningite umana diffusa in particolar modo in alcune zone della Toscana; questa patologia viene infatti denominata meningite da virus Toscana. Il virus (denominato Tosv) fu scoperto all'inizio degli anni '70 da una virologa italiana, Paola Verani, nella zona di Orbetello. È un virus poco conosciuto e spesso non viene individuato perché non viene affatto cercato. La meningite da virus Toscana è una patologia a decorso benigno che ha il suo picco nel mese di agosto.
DIFFUSIONE DEL PAPPATACI
Prevalentemente nell'Italia centrale, nell'Italia meridionale, in Sardegna, in Sicilia e in Liguria, ma la loro distribuzione si sta allargando lentamente anche a zone che fino a poco tempo fa ne erano praticamente indenni (Friuli, Trentino e Piemonte).
PREVENZIONE DELLA LEISHMANIA CANINA
Purtroppo non esistono dati assoluti sulla diffusione della leishmania; si sta diffondendo anzi un certo terrorismo zoofilo sul reale peso della patologia, probabilmente perché il business della prevenzione incomincia a essere notevole.
In gran parte dell'Italia i casi di leishmaniosi siano veramente molto rari e non interessano cani che dormono all'aperto di notte. Poiché la malattia non si trasmette da cane a cane, sarebbe quindi molto più sensato che si stilassero statistiche di contagio su cani tenuti nelle ore notturne in casa. Questa deve essere la prima regola di prevenzione.
REPELLENTI CHE POSSONO ESSERE UTILIZZATI PER DIFENDERSI DAI PAPPATACI.
Fra questi ne segnaliamo tre particolarmente efficaci:
Scalibor protector band collare
Exspot fiale spot on
Advantix fiale spot on.
Dall'aprile del 2012, in Italia è in commercio un vaccino.
SINTOMI E DIAGNOSI
Le Leishmanie trasmesse dal pappataci hanno un ciclo riproduttivo decisamente lento; una volta all'interno dell'organismo ospite, si riproducono e iniziano un processo di diffusione ai vari organi che sfocerà nel giro di alcuni anni in leishmaniosi.
La leishmaniosi è quindi una malattia che normalmente ha un decorso progressivo e lentissimo che non può guarire in modo spontaneo e che ha la tendenza ad evolversi aggravandosi sempre di più. Il tempo di incubazione è decisamente variabile (da 30 giorni a sette anni).
Statisticamente i cani più esposti alla Leishmania sono gli animali di media e grossa taglia (oltre l'80%). Il motivo è facilmente intuibile: più il cane è grande più è estesa la superficie corporea esposta alla puntura del pappataci; non è il solo motivo; i cani di piccola taglia, statisticamente, vivono meno all'aria aperta di quanto non lo facciano cani come il cane corso, il dogo argentino, il pastore tedesco ecc,; e il vivere all'aria aperta aumenta la probabilità di essere punti. Nel pastore tedesco vi sono fattori di tipo genetico che aumentano le probabilità di contrarre la leishmaniosi.
Soltanto una piccola percentuale (4% circa) di cani ammalati manifesta la malattia in modo repentino; quando ciò accade il cane presenta un ingrossamento linfonodale generale e una temperatura corporea che oltrepassa i 40 °C; non vi sono altri sintomi e precedentemente il cane non ha avuto altre manifestazioni di particolari disturbi. Nella stragrande maggioranza dei cani però la leishmaniosi ha un esordio graduale. Generalmente, i disturbi che vengono rilevati nel momento in cui la malattia viene diagnosticata sono linfoadenomegalia solitamente generalizzata, dermatite e seborrea secca, milza ingrossata (splenomegalia), ulcere cutanee, perdita ponderale, zoppia, onicogrifosi (unghie lunghe, ipertrofiche e ricurve), alopecia diffusa, problemi oculari (cheratocongiuntivite, uveite ecc.) che possono aggravarsi fino alla cecità; più raramente si possono avere noduli cutanei non ulcerati, febbre, poliuria e polidipsia (aumento intenso della sete).
A livello ematologico si riscontrano alterazioni quali l'anemia, la trombocitopenia e la leucocitosi; in molti casi si riscontrano iperproteinemia e aumento di ALT, ALKP e gamma-GT. In poco meno del 20% dei cani vengono riscontrate alterazioni che possono essere ricondotte a insufficienza renale di tipo cronico.
La sintomatologia sopradescritta può presentarsi in associazioni molto variabili; le combinazioni di tali sintomi possono essere moltissime e fra un cane e l'altro possono esserci molte differenze a livello sintomatologico. Il problema principale legato a questa varietà di sintomi è il fatto che il quadro che essi forniscono è molto aspecifico. Diagnosticare la leishmaniosi sulla sola base sintomatologica è di fatto impossibile; il quadro clinico della leishmaniosi infatti può essere molto simile a quello di altre patologie che colpiscono i cani (erlichiosi, linfoma, lupus ecc.).
Per effettuare la diagnosi di leishmaniosi è necessaria un'evidenziazione anticorpale. Quando il titolo anticorpale risulta basso il cane non viene sottoposto a particolari trattamenti; è però necessario un nuovo controllo dopo un semestre. Anche se il titolo anticorpale è basso, alcuni veterinari possono richiedere indagini più approfondite (DNA protozoario, esami citologici dei linfonodi ecc.); una tale richiesta comunque non è particolarmente frequente.
Se al titolo anticorpale si aggiungono alcune manifestazioni sintomatologiche è opportuno approfondire le indagini. Molti veterinari ricorrono alla citologia dei linfonodi; l'esame è semplice, veloce e non particolarmente costoso. È relativamente sensibile (70%) e totalmente specifico (100%). L'esame citologico permette di evidenziare al microscopio l'eventuale presenza di Leishmanie. La presenza dei protozoi può altresì essere individuata con la ricerca del DNA protozoario tramite PCR.
La leishmaniosi, a motivo della sua lenta progressione, può avere moltissime sfumature; appare quindi logico cercare di organizzare queste sfumature allo scopo di inquadrare correttamente il problema. Il GSLC (Gruppo di Studio sulla Leishmaniosi Canina) ha proposto una particolare stadiazione della leishmaniosi definendo 5 stadi che vengono identificati con 5 lettere: A (cane esposto), B (cane infetto), C (cane malato), D (cane malato grave) ed E (cane refrattario o recidivo). La stadiazione della malattia è molto importante perché in base a essa vengono decisi gli interventi che devono essere fatti.
TERAPIA
La terapia per la leishmaniosi più consolidata è quella basata sull'associazione di antimoniato di N-metilglucammina (50 mg/kg ogni 12 ore sottocute per 4-8 settimane) con allopurinolo (10 mg/kg ogni 12 ore per almeno 6 mesi). Un'altra terapia è quella a base di miltesofina.
Attualmente la terapia a base di antimoniato è quella che viene ritenuta come più efficace.
La stragrande maggioranza dei cani che si trovano negli stadi B e C ottengono la guarigione clinica se vengono trattati con l'antimoniato. La remissione della patologia richiede tempi non minimali (in genere si oltrepassa l'anno). Alcuni autori considerano il cane clinicamente guarito quando tutti i sintomi sono scomparsi. Altri autori invece parlano di guarigione quando le proteine sieriche sono stabilmente normalizzate per dodici mesi e se l'aspirato midollare è negativo per due volte a distanza di sei mesi. Per quanto riguarda i cani allo stadio D della malattia, viene generalmente osservato, dopo la terapia, un miglioramento clinico; la prognosi però dipende dal livello di gravità delle condizioni fisiche nel momento in cui viene effettuata la diagnosi.
La prognosi non può essere sciolta nei cani in cui la malattia si trovi allo stadio E.